Spesso, nelle varie discussioni che mi trovo ad affrontare e che hanno per argomento la religione, per provocazione - oltre che per convinzione - mi capita di accostare la fede alla superstizione. In genere vengo ovviamente sommerso da improperi di ogni tipo, ma siete proprio sicuri che i due concetti siano così tanto diversi?
Fede: La parola fede è propriamente intesa come il credere in concetti, dogmi o assunti in base alla sola convinzione personale o alla sola autorità di chi ha enunciato tali concetti o assunti, al di là dell'esistenza o meno di prove pro o contro tali idee e affermazioni.
Superstizione: Con il termine superstizione si indicano credenze di natura irrazionale che possono influire sul pensiero e sulla condotta di vita delle persone che le fanno proprie, in particolare la credenza che gli eventi futuri siano influenzati da particolari comportamenti senza che vi sia una relazione ...
Le due definizioni vanno molto a braccetto, secondo me. Credere in un dio onnipotente è una cosa irrazionale che influisce sul pensiero e sulla condotta di vita, ed è una convinzione personale che va al di là dell'esistenza o meno. Direi inoltre che la fede ha anche una discreta valenza sugli eventi futuri, perché alla fine
si basa proprio sul concetto di "quello che verrà dopo la vita". Non sono forse i credenti portati a rispettare tutta una serie di regole proprio perché così avranno accesso al paradiso, dopo la morte? L'intera esistenza non è, secondo loro, basata su quello che "ci attende al di là della nostra realtà terrena"?
*********Un'altra affermazione che ricorre spesso quando un credente cerca di giustificare la propria fede e la religione in generale riguarda la morale. Il fedele è in genere convinto che atteggiamenti e comportamenti dalla giusta morale siano esclusivo appannaggio della religione e di chi crede in dio. Per molti credenti un ateo
non può avere una condotta equilibrata, onesta e tendenzialmente retta.
La morale è invece qualcosa di
innato, che prescinde dalle diverse fedi. Non servono le religioni per confrontare le diverse idee e i diversi dogmi di vita che una persona può imporsi nel corso della sua esistenza.
Credere in un essere superiore vuol dire votare la propria vita alla paura della morte, all'agire solo in relazione a quello che potrebbe far felice lui, perché così abbiamo un posto sicuro in paradiso; vuol dire delegare al suo volere ogni cosa che non si riesce a comprendere, scaricarci (e scaricare gli altri) di responsabilità ogni volta che ci fa comodo, vuol dire dare il merito a lui per tutte le cose belle che ci accadono e dare il demerito alla sua controparte per quelle cattive, vuol dire liquidare tutto quello cui la scienza ANCORA non riesce a dare una risposta come inspiegabile e misterioso operato di dio, vuol dire condurre un'esistenza piena di regole inutili che nella maggioranza dei casi svilupperanno idee e convinzioni profondamente dannose, vuol dire perdere tempo con riti che non servono a niente. Potrei continuare, ma mi fermo qui, perché il punto è che tutto questo lo reputo un
profondo impoverimento e svilimento. Poi è chiaro che ognuno è libero di credere in Javhè, Odino, Thor, Anubi, Vishnu, Yoda, l'Omino della Michelin, il Mostro di Spaghetti Volante o quello che gli pare, ma il fatto che la bontà d'animo e la rettitudine morale dipendano (e discendano) dalla religione è assolutamente falso. Di quella (la religione) se ne potrebbe tranquillamente fare a meno (e forse sarebbe pure un mondo migliore).
Comportamenti dalla giusta morale sono frutto della selezione naturale, perché favorivano a vari livelli la sopravvivenza della specie e il miglioramento della vita. Sembra che non siamo affatto "neutri" quando nasciamo (e sinceramente, conoscendo l'evoluzionismo, non me ne stupisco per niente), ci sono regole nei nostri geni che naturalmente ci indirizzano verso azioni moralmente accettabili.
Spesso si usa anche il paragone tra la morale e le leggi, e si afferma che se ammettiamo che la morale è qualcosa di innato e che non serve ribadirne i concetti tramite un libro (sacro o non sacro), allora è inutile anche scrivere leggi. Ma queste ultime servono ad imporre delle regole al
comportamento degli individui, a
contenere la tendenza di taluni di loro a voler prevalere con la forza e senza rispetto nei confronti degli altri, ad evitare il verificarsi di situazioni che mettano a rischio l'
incolumità degli altri a causa di inosservanze o atti di superficialità di qualcuno, e via discorrendo. Le leggi
sono necessarie, senza queste vivremmo nel caos.
Le regole e i presunti insegnamenti della religione, invece, sono cosa totalmente superflua. L'essere umano
è già incline per natura alla giusta morale. Gli effetti positivi ci sarebbero comunque,
mentre su alcune menti semplici vengono generati solo effetti negativi e distruttivi (vedi massacri, guerre sante, idealismo estremo, fanatismo, e via discorrendo).
A volte sento giustificare alcuni passi della Bibbia perché, essendo un libro scritto un paio di millenni fa, la morale di allora non era certamente quella che c'è oggi, e comportamento che ora riteniamo deplorevoli, a quel tempo era giustificati, come ad esempio violentare una schiava. Io non credo proprio. A livello di legge, almeno inizialmente (già intorno all'80 a.C. cominciarono a essere istituite le prime leggi a loro favore), è vero, il padrone aveva il pieno controllo della vita degli schiavi (ma succedeva molto di rado che li uccidesse, erano un bene prezioso), ma questo non vuole assolutamente dire che
a livello morale queste cose fossero accettate dalla società! Il fatto che l'alta borghesia si comportasse come se ritenesse accettabile violentare o uccidere una schiava non significa che questo tipo di comportamento era accettato da tutti. Semplicemente non c'erano ancora i mezzi per difendere le persone comuni dagli abusi e dalle azioni di gente che deteneva il potere, che si sentiva in diritto di decidere della vita e della morte di un altro suo pari - tra le altre cose. Ma, di nuovo, la selezione naturale e l'evoluzione hanno promosso comportamenti dalla morale giusta ed equilibrata, e mi pare che di passi avanti ne siano stati fatti parecchi.
Se volete approfondire:
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"Moral Minds: How Nature Designed our Universal Sense of Right and Wrong" di Harvard Marc Hauser - qui trovate un bel po' di esperimenti scientifici proprio sull'argomento dell'origine del senso del giusto
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"Why Good is Good" - Robert Hindle-
"The Science of God and Evil" - Michael Shermer-
"Can We Be Good Without God?" - Robert Buckman-
"Moral Minds" - Marc Hauser-
"The Origins of Virtue" - Matt RidleySe invece volete un'ottima analisi che prende tutto questo in considerazione, e trae delle stimolantissime conclusioni, leggete
"L'Illusione di Dio" - Richard Dawkins. Riguardo alla morale, in particolare, pagg. 212-225.
Il fatto che il passato sia costellato di atti che fanno ribrezzo dovrebbe consolarmi? Dovrebbe giustificare il professare da parte dell'
Antico Testamento del massacro, della misoginia, del razzismo, dell'odio, dell'orgoglio, della gelosia, ecc... e che
oggi ci sia gente che dice di basare le sue scelte di vita sulla Bibbia?
John Hartung ha dimostrato abbastanza chiaramente che il comandamento "Non uccidere" (come pure gli altri) non è nato come noi lo intendiamo, ma voleva dire "
Non uccidere ebrei". E' una cosa di cui i cristiani non si rendono molto conto, ma l'etica biblica è riferita esclusivamente a un
ristretto gruppo di adepti. In particolare Gesù, che era ebreo, fonda la sua morale sulla tradizione veterotestamentaria, quindi la "prospettiva della salvezza era limitata ai suoi connazionali ebrei".
Hartung conduce, tra le altre cose, un interessantissimo esperimento, proponendo a un gruppo di scolari israeliani la lettura della descrizione della
battaglia di Gerico nel Libro di Giosuè (
6,16-24). I risultati sono agghiaccianti: la cultura religiosa con la quale sono stati educati li porta a giustificare in toto il massacro. Nell'esperimento Hartung sottopone a un altro gruppo di bambini israeliani lo stesso testo, ma modificando i soggetti: Giosuè diventa "il generale Lin" e Israele viene cambiato in "un regno cinese di 3000 anni fa". I risultati sono opposti. Quando si esprime un giudizio filtrandolo con il proprio (cieco) credo religioso si arriva a giustificare atti che altrimenti si condannerebbero senza pensarci neanche un attimo.
La conclusione dell'articolo è illuminante, e ne condivido ogni parola:
La Bibbia è un codice morale intragruppo, completo di istruzioni per il genocidio, riduzione in schiavitù dei gruppi esterni e dominio del mondo. Ma la Bibbia non è un male né per questi obiettivi né per l'esaltazione dell'assassinio, della crudeltà e dello stupro. Molte opere dell'antichità esaltano le stesse cose: si pensi all'Iliade, alle saghe islandesi, ai racconti degli antichi siriani e alle iscrizioni degli antichi maya. La differenza è che nessuno spaccia l'Iliade per fondamento dell'etica. Qui sta il problema. La Bibbia viene venduta, e comprata, come guida morale al vivere. Ed è in assoluto il più grande best seller di tutti i tempi.
*********Un'altra cosa che non sopporto è la presunta inviolabilità del pensiero religioso. Ma chi cavolo l'ha detto che le religioni non possono essere oggetto di satira, scherno o semplicemente di obiezione? Per quale motivo godrebbero di una sorta di "rispetto" speciale? Non mettiamo forse in dubbio le presunte "verità" di astrologia,
omeopatia, e compagnia bella? Non sottoponiamo a costante critica il mondo della politica o dello spettacolo? Perché mai la religione dovrebbe godere di un'immunità speciale? Io sono fermamente convinto di non ledere il rispetto che nutro verso un credente quando critico o metto in dubbio ciò in cui crede, sebbene non ne nutra alcuno verso
l'oggetto della loro credenza, perché per quanto mi riguarda - l'avrete ormai capito - è fuffa alla stregua degli oroscopi, del Power Balance, di Babbo Natale o degli UFO che rapiscono la gente. Siamo nel 2011, la
razionalità è ormai non solo consigliabile, ma necessaria.
*********E a proposito dell'insegnamento della religione - sarò brutale e conciso - io reputo una vera e propria
violenza il voler forzare un insegnamento religioso ad un bambino nel corso della sua infanzia (dal battesimo in poi). Secondo me un bambino dovrebbe crescere in un ambiente con
presenza nulla di elementi religiosi che possano influenzarlo, perché a quell'età un essere umano è come una spugna. Ritengo si debba lasciare a lui la scelta, ma solo
quando avrà gli strumenti per farlo. Non esistono bambini cristiani, ma solo figli di genitori cristiani. Se mai doveste vedermi battezzare mio figlio, vi autorizzo a prendermi a pugni.
*********Concludo con una visione un po' più grandangolare del fenomeno (con molti link di approfondimento ad altri miei articoli), perché mentre discutiamo accettiamo silenziosamente uno Stato che, di fatto, impone la religione
appendendo crocifissi nelle scuole e nei tribunali, o
donando tacitamente alla Chiesa l'otto per mille dei contribuenti che non indicano direttamente a chi devolverlo, o ancora non offrendo in molti casi, nella scuola pubblica, un'alternativa all'ora di religione, o infilando prediche e pratiche religiose in ambienti che dovrebbero rimanere laici (vedi i vari comizi di vescovi e cardinali nelle Università, per esempio) e riguardo argomenti
che non dovrebbe azzardarsi a toccare, o incastrandosi imperdonabilmente su questioni importantissime come il
testamento biologico, o mille altre cose che accadono tutti i giorni.
PS: non è un errore di battitura, io la parola "dio" la scrivo in minuscolo, perché tendo a non considerare proprio il nome di un'entità impropria alla razionalità umana. Tranne quando mi riferisco a
lui, chiaramente.
Manca secondo me una distinzione importante. Altro è la religione (intesa come credo religioso di ciascuno), altro è l'istituzione ecclesiastica. La chiesa cattolica è chiaramente un centro di potere che poco ha a che fare con il misticismo in senso lato (e anche in senso stretto a volte).
Un altro spunto riguarda la morale. Non sono completamente d'accordo sul fatto che sia frutto dell'evoluzione. Penso che sia maggiormente riconducibile ad un aspetto squisitamente sociale dell'uomo. La necessità di aggregazione porta necessariamente a stabilire delle regole di civile convivenza. E da qui nascono la morale e l'etica. Su questi aspetti morali ed etici si sono appoggiate tutte le religioni monoteiste perché era probabilmente il modo più semplice per fare proseliti.