_ scritto il 15.11.2010 alle ore 12:44 _
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La storia di Paola è simile a quella di tantissimi altri precari in questo paese disastrato, la differenza è che lei ha deciso di alzare la voce e protestare con uno
sciopero della fame, perché non ha più intenzione di sottostare tacitamente a delle regole sbagliate:
La storia è questa: da 7 anni lavoro per il Corriere e dal 2007 sono una co.co.co. annuale con una busta paga e Cud. Aspetto da tempo un contratto migliore, tipo un art. 2. Per raggiungerlo l'iter è la collaborazione. Tutti sono entrati così. E se ti dicono che sei brava, prima o poi arriva il tuo turno. Io stavo in attesa.
La scorsa settimana si è liberato un posto, un giornalista ha dato le dimissioni, lasciando una poltrona (a tempo determinato) libera. Ho pensato: "Ecco la mia occasione". Neanche per sogno. Il posto è andato a un pivello della scuola di giornalismo. Uno che forse non è neanche giornalista, ma passa i miei pezzi.
Ho chiesto spiegazioni: "Perché non avete preso me o uno degli altri precari?". Nessuna risposta. L'unica frase udita dalle mie orecchie: "Non sarai mai assunta".
Non posso pensare di aver buttato 7 anni della mia vita. A questo gioco non ci sto. Le regole sono sbagliate e vanno riscritte. Probabilmente farò un buco nell'acqua, ma devo almeno tentare. Perché se accetto in silenzio di essere trattata da giornalista di serie B, nessuno farà mai niente per considerarmi in modo diverso.
C'è davvero poco altro da aggiungere. Forza Paola, spero che il tuo gesto dia una scossa generale a un sistema sordo e poco ricettivo. (mi pare di capire che qualcosa
si stia già muovendo)
Questo tipo di sottolavoro fa talmente comodo ai datori che ce lo terremo per sempre. Viviamo in un paese col cancro alla democrazia.