_ scritto il 30.01.2009 alle ore 09:20 _
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Ultimamente non seguo molto la politica e quel poco che leggo/sento in giro per TG e giornali sinceramente mi schifa alquanto. "Beh e dov'è la novità?" - mi si risponderà. In effetti la novità non c'è, ma ho voluto comunque scrivere due righe su un certo argomento perché ritengo che l'
obiettività sia una di quelle cose che, specialmente in questo campo, non deve
mai essere persa di vista.
Il mio rapporto con Di Pietro è quanto di più altalentante ci possa essere. Nel periodo delle elezioni mi piaceva discretamente, mentre in questi ultimi 2-3 mesi c'è stato qualcosa che mi ha disturbato, la sua visione sembrava un po' offuscata e alcuni dei suoi attacchi mi sembravano piuttosto sterili.
Ma c'è una cosa che ha detto ultimamente, che io condivido (come ho sempre detto, e come tra l'altro, in un modo o nell'altro, dice anche Beppe Grillo; "Morfeo Napolitano" è un'espressione che ha coniato lui da molto, molto tempo), ma che ha scatenato un putiferio che sinceramente non mi aspettavo.
Una delle frasi scatenanti pronunciate da Di Pietro nel suo discorso incriminato credo sia stata "il silenzio è mafioso". La frase è chiaramente provocatoria, e su questo siamo d'accordo, ma il termine "mafioso" in questo caso è palese che voglia significare "caratteristico di chi vuole procurarsi determinati vantaggi e/o difendere i propri interessi", o anche semplicemente "il silenzio è un comportamento tipico della mafia". Ma è ben lungi dall'essere un'accusa DIRETTA a Napolitano, lo vedrei più che altro come uno sprone generale piuttosto tagliente.
Ad ogni modo vi cito un post che aiuta non poco a riflettere sulla situazione...
Avete presente quello che ha detto Di Pietro su Napolitano?
Sul silenzio "
omertoso" del Presidente della Repubblica?
Dai che lo sapete:
tutti gridano allo scandalo e indicano l'untore come uno che vilipende le sacerrime istituzioni della nostra illuminata Repubblica.
Io ritengo stia dicendo esattamente ciò che dovrebbe di fronte alla mollezza di un Presidente incapace di leggere le leggi che gli vengono sottoposte.
Tutti dicono che il Lodo Alfano sarebbe
rispondente ai rilievi avanzati dalla Consulta nella sentenza del gennaio 2004 che bocciava il Lodo Schifani.
QUESTO E' FALSO.
Questo Lodo si divora l'
Art. 3 della Costituzione perché rende alcune persone, in virtù delle loro condizioni sociali (il ruolo istituzionale ricoperto), diseguali davanti alla legge rispetto agli altri cittadini.
La Sentenze della Consulta del 2004 contro il lodo Schifani, identico nel merito dei suoi effetti a quello Alfano, dice che:
Alle origini della formazione dello Stato di diritto sta il principio di parità di trattamento rispetto alla giurisdizione, il cui esercizio, nel nostro ordinamento, sotto più profili, è regolato da precetti costituzionali.
E non da leggi ordinarie approvate a maggioranza semplice laddove l'Art.138 della Costituzione specifica chiaramente cosa è necessario fare per cambiarla.
A parte un paio di dettagli, il Lodo Alfano è identico a quello Schifani, già bocciato dalla Consulta. L'unica differenza è che è rinunciabile e vale per una sola legislatura, mentre l'altro era automatico e illimitato.
Il Lodo Schifani fu bocciato anche perché sospendeva i processi per
tutti gli ipotizzabili reati, in qualunque epoca commessi, che siano extrafunzionali, cioè estranei alle attività inerenti alla carica
Come l'Alfano.
Era automatico, cioè scattava:
senza alcun filtro, quale che sia l'imputazione e in qualsiasi momento dell'iter processuale, senza possibilità di valutazione delle peculiarità dei casi concreti
Come l'Alfano.
Inoltre è assurdo, scriveva la Corte nel 2004, "accomunare in unica disciplina cariche diverse non soltanto per le fonti di investitura, ma anche per la natura delle funzioni e distingue, per la prima volta sotto il profilo della parità riguardo ai princìpi fondamentali della giurisdizione, i Presidenti delle Camere, del Consiglio dei ministri e della Corte costituzionale rispetto agli altri componenti degli organi da loro presieduti". Il che conferiva alla norma "gravi elementi di intrinseca irragionevolezza".
Bene.
Detto questo leggete questo stralcio di un articolo di giornale di oggi [il 29 gennaio 2009, NdDarsch].
Oltre che oltraggiose, le parole del leader dell'Idv sono pretestuose. Di Pietro, nella sua foga populista, sbaglia totalmente il bersaglio. Lo sbaglia sul piano istituzionale. Nel momento in cui imputa al Quirinale il mancato veto sul Lodo Alfano, cade ancora una volta nella furia giustizialista, e a tratti un po' qualunquista, del girotondismo e del grillismo. L'ultima norma salva-premier è e resta una legge-vergogna, tagliata a misura del Cavaliere. Ma come già accadde con il Lodo Schifani ai tempi di Ciampi, anche il Lodo Alfano ai tempi di Napolitano non appare "manifestamente incostituzionale", e dunque il presidente della Repubblica, Costituzione alla mano, è chiamato alla promulgazione. Sarà la Consulta, nel suo successivo giudizio di merito, a valutarne l'effettiva legittimità.
Crediateci o no, è un presunto giornale di opposizione,
La Repubblica.
Con una informazione così non c'è da stupirsi se viviamo in una
Finta Repubblica.