doc Paura e apprensione dell'età adulta - riflessioni sconclusionate
_ scritto il 19.12.2007 alle ore 16:45 _ 5238 letture
Generalmente non tendo troppo a guardarmi indietro nel giorno del mio compleanno, e non inizierò certo ora, anche se, devo essere sincero, quel '3' lì davanti dà una strana sensazione. Quello che da qualche anno tendo a considerare, con frequenza sempre maggiore, è quanto il mondo sia cambiato. O meglio: quanto profondamente cambi la percezione del mondo che ci circonda man mano che si raggiunge l'età adulta.

L'adolescenza è fantastica, è fatta di pochi colori (quasi tutti sgargianti), tante sensazioni intense, contrastanti e sovrapposte, poche paure, una voglia incredibile di (stra)fare e un'energia quasi innaturale. Il mondo che ci circonda sembra modellato intorno a noi, siamo a nostro agio, cerchiamo continuamente il confronto con gli altri, ne abbiamo quasi bisogno.

Poi si inizia a crescere. Ci si rende conto di come stanno davvero le cose. Lo spettro dei colori si espande a dismisura e ci accorgiamo che esistono anche le tonalità più scure, tetre. Si aggiungono livelli e sotto-livelli di informazioni di cui prima ignoravamo l'esistenza. E si inizia ad avvertire che ci sono tante, troppe cose che non vanno in questo mondo. Si inizia a temere per le persone care, perché potrebbe capitare loro questo o quello. La tranquillità è un lontanissimo e vago ricordo di quei giorni in cui la massima preoccupazione era la frase da utilizzare per dire a quella ragazza che ci piaceva tanto. Veniamo immersi in un baratro di angosce e paure sempre crescente: il lavoro, le bollette, le tasse, l'affitto, il mutuo, gli stupratori, i ladri, il paese allo scatafascio, ecc...

Arriva il momento di stabilire una relazione solida e duratura con un'altra persona. Ci si sposa, si crea un nucleo familiare. Le gioie sono infinite, e sicuramente il gioco vale la candela, ma, fulminee come uno scappellotto dietro la nuca, arrivano tante altre preoccupazioni. L'apice è raggiunto nella fase seguente, quella in cui si avverte che manca qualcosa e che è arrivato il momento di diventare genitori, di creare qualcosa di meraviglioso insieme alla persona amata. E allora ti chiedi: ma in che diamine di mondo avrò il coraggio di far nascere mio figlio? Ti domandi dubbioso se l'atto di generare vita sia davvero un regalo che fai a tuo figlio, o se piuttosto sei da considerare quasi un criminale per immergerlo in una tale montagna di mondezza. Certo, le cose belle della vita ci sono, e (lo ripeto) ne vale senz'altro la pena, ma... ma.

Tuttavia ci sentiamo forti, protettivi, coraggiosi! "Non gli farò mancare nulla, veglierò costantemente su di lui" ci diciamo per cercare di convincerci che forse, in fondo, non è proprio un mondo da buttare via. E allora via con pannolini, seggiolini, poppate, biberon, alzatacce notturne, e chi più ne ha più ne metta. Tutto sommato sembra andare bene! Fino a quando il pargolo non inizia a crescere e, com'è naturale che sia, ad uscire e tornare tardi la sera.

Voi direte: "beh ma il mondo è pericoloso da sempre!". Non lo so. Ho come l'impressione che più andiamo avanti, più si perda il controllo. E più si perde il controllo, soprattutto delle cose care, più cresce la paura che accada loro qualcosa di brutto.

Ad ogni modo credo che un minimo di apprensione sia fisiologica... l'importante è non lasciare che questa opprima l'altra persona. Purtroppo crescendo si impara anche che non è possibile proteggere in ogni momento chi amiamo. Io tendo sempre a tenere il più possibile per me preoccupazioni, ansie o apprensioni varie... credo sia la cosa più giusta... però è dura.
Darsch
_ chiavi di lettura:figli, paura

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