_ scritto il 11.02.2015 alle ore 12:33 _
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Quando parliamo di viaggi nel tempo in genere la nostra mente viene subito invasa da un turbine fantascientifico di macchine futuristiche, automobili improbabili, wormhole al limite dell'immaginazione o portali alieni. E se invece per tornare indietro al secolo scorso non servisse nulla di tutto ciò? Se bastasse un po' di concentrazione, addestramento e la giusta attitudine mentale, perché, semplicemente, il passato in un certo senso coesiste col presente e ne permea strettamente le trame dello spazio-tempo? E' quello che succede in questo spettacolare romanzo di Jack Finney, che rielabora le riflessioni di Einstein sulla relatività e sull'accessibilità delle varie epoche, e ci costruisce intorno una storia al tempo stesso avvincente e poetica.
Avvincente perché il protagonista - un illustratore un po' insoddisfatto di nome Simon Morley al quale viene fatta una proposta da un'agenzia governativa riguardante un progetto top-secret - si troverà invischiato in una serie di accadimenti molto ben congegnati e dosati in modo praticamente perfetto. Poetica perché l'intero libro è permeato di puro, autentico amore per l'Ottocento, che trasuda da ogni descrizione e da ciascuno dei molti, bellissimi disegni di cui "Indietro nel tempo" è corredato. Un viaggio nostalgico in un'epoca di cui l'autore è palesemente innamorato e che tratta in modo minuzioso e accurato, come un collezionista farebbe mentre spolvera i suoi cimeli. A distanza di mesi dalla lettura ancora riesco a percepire l'incredibile vitalità e il realismo che Finney è riuscito a trasmettere in quelle pagine.
Un vero capolavoro, per quanto mi riguarda.
Se vi ho stuzzicato anche solo un minimo, fatevi un favore: leggetelo tutto d'un fiato, cercando di non anticiparvi nulla sulla sua trama. Poi fatemi sapere.
"Indietro nel Tempo" - Jack Finney, Marcos y Marcos, traduzione di Marco Pinna e Riccardo Valla, 2004
Le facciate delle case illuminate dalla luce a gas. Il cielo invernale. Anche questo, è vero, è un mondo imperfetto, ma, mi dissi, traendo un profondo respiro che mi gelò i polmoni, almeno l'aria è pulita. I fiumi scorrevano intatti, come avevano sempre fatto. E la prima delle guerre terribili era a decenni di distanza. Arrivai in Lexington Avenue, piegai verso sud, e, con le luci gialle di Gramercy Park che brillavano in fondo alla via, mi avviai verso il numero 19.
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<<Ogni azione compiuta nel mio tempo comportava inimmaginabili conseguenze future, eppure ne compivamo in ogni momento. E adesso quel particolare futuro che era la mia epoca si sarebbe dovuto rassegnare a correre il rischio.>>