_ scritto il 20.11.2011 alle ore 13:45 _
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In questo periodo mi trovo casualmente a leggere un libro che definire azzeccato, per il particolare periodo che stiamo vivendo nel nostro paese, è un eufemismo. I grandi temi attuali sono appunto la democrazia, il senso di responsabilità civica e soprattutto il sacrosanto diritto del popolo di scegliersi autonomamente e liberamente da chi essere governato. Tra i tantissimi spunti di riflessione presenti nel libro (vedi
recensione), volevo sottoporvi un passaggio che tratta nello specifico del diritto di voto. Segue qualche breve riflessione personale.
"Fanteria dello spazio" - Robert Heinlein, traduzione di Hilja Brinis - Mondadori, 1962
[...] può darmi la ragione, una ragione pratica, non teorica o storica, per cui oggi il diritto di voto è limitato ai soli veterani?
[...] Gli esempi della storia vanno dalla monarchia assoluta alla completa anarchia. L'umanità ha tentato migliaia di sistemi, e molti di più ne sono stati proposti [...]. Tutti i sistemi tendevano a raggiungere questo scopo limitando il diritto di voto a coloro che si credeva avessero la saggezza necessaria per usarlo appropriatamente. Ripeto, tutti i sistemi, perfino le democrazie, escludevano dal diritto di voto almeno un quarto della popolazione effettiva, per via dell'età, della nascita, dei precedenti criminali e via dicendo.
[...] Non ho mai capito perché un imbecille di trent'anni fosse ritenuto più idoneo al voto di un genio di quindici, ma quella era l'epoca del "diritto divino dell'uomo della strada". [...] Il diritto di voto è stato soggetto a ogni tipo di regole: luogo di nascita, status sociale, colore della pelle, sesso, censo, istruzione, età, religione eccetera eccetera. Tutti questi sistemi funzionavano, ma nessuno come si deve. [...] Ora noi stiamo sperimentando un ennesimo sistema, che a quanto pare funziona a meraviglia. [...] Perché?
[...] Con il nostro sistema, ogni elettore e ogni governante è un uomo che ha dimostrato, con anni di duro servizio volontario, di considerare il benessere della maggioranza più importante di quello personale. Questa è l'unica differenza pratica con il non elettore. Può mancare di saggezza, può scarseggiare in virtù civiche ma la sua prestazione media è assai migliore di quella di qualsiasi altra classe dirigente della storia.
[...] Sia per ragioni pratiche sia per ragioni morali matematicamente verificabili, autorità e responsabilità devono essere uguali, altrimenti avviene uno sbilanciamento, potete esserne certi come del fatto che la corrente scorre fra punti di diverso potenziale. Insediare un'autorità senza responsabilità significa provocare un disastro. Attribuire a qualcuno la responsabilità di qualcosa che non controlla equivale a comportarsi con cieca idiozia. Le democrazie erano instabili perché i loro cittadini non erano responsabili per il modo in cui esercitavano la loro autorità sovrana, tranne che sul piano della storia. Il tributo che dobbiamo versare noi per ottenere il diritto di voto era qualcosa di inconcepibile a quei tempi. Non si faceva niente per stabilire se un elettore era socialmente responsabile nella stessa misura dell'autorità che gli era consentito esercitare. Se votava l'impossibile, succedeva un disastro possibile, e a quel punto volente o nolente era costretto ad assumersi la responsabilità, che distruggeva sia lui sia il suo tempio privo di fondamenta. Considerandolo in modo superficiale, il nostro sistema è solo lievemente diverso: noi non facciamo questione di età, colore, credo, nascita, ricchezza, sesso o ideologia. Chiunque può guadagnarsi l'autorità sovrana grazie a un periodo di servizio militare normalmente breve e non eccessivamente arduo, qualcosa che i nostri antenati, gli uomini delle caverne, avrebbero considerato niente di più di un leggero esercizio fisico. Ma è quella sottile differenza a distinguere un sistema che funziona, in quanto costruito per corrispondere alla realtà, da uno intrinsecamente instabile. Poiché il diritto di voto rappresenta il massimo in fatto di autorità umana, facciamo in modo di assicurarci che colui che lo esercita sia disposto ad accettare il massimo della responsabilità sociale. Chiediamo a chiunque desideri esercitare un controllo sullo Stato di mettere in gioco la propria vita, e di perderla se necessario, per salvare la vita dello Stato. Il massimo della responsabilità che un essere umano può accettare è così equiparato al massimo di autorità che lo stesso essere può esercitare. [...]
Il concetto di fondo non è affatto sbagliato, secondo me. Se deve esserci una discriminante per decidere chi ha il diritto di votare, e credo siamo tutti d'accordo sul fatto che una qualche discriminante ci deve essere, il
senso di responsabilità nei riguardi della collettività, prima che di sé stessi, potrebbe essere quella giusta. Potrei opinare sul metodo scelto, o su alcuni estremismi di stampo militare (di questo ne parlerò in un'altra sede, viste le accuse ricevute ingiustamente dall'autore) - anche se non è facile trovare un altro modo efficace come il servizio militare per rendere la
maggioranza una
priorità assoluta nella scala di valori di una persona - ma non nego che, a livello teorico, mi sentieri più tranquillo se fossi certo che a votare è chiamata solo quella parte di popolazione che, di fatto, è
addestrata ad avere a cuore l'interesse di tutti. Il che, tra l'altro, è uno dei più grossi problemi del nostro paese, la cui popolazione ha fin troppe volte dimostrato di preferire la coltivazione del proprio orticello e dei propri interessi, a discapito della collettività.
Voi che ne pensate?
quindi è più facile che abbia a cuore, codesta maggioranza qualificata che vota, gli interessi della (parte di) collettività che ha votato chi sta al governo, in un simpatico circolo vizioso che "democraticamente" disossa la dissidenza; mentre democrazia è, per fortuna e purtroppo, fa aprir bocca anche a un razzista legaiolo praticante.
personalmente, farei così:
1) chi non ha votato nelle ultime due elezioni (politiche e amministrative si sommano), fuori dal computo degli elettori. per rientrare bisogna andare in comune e chiedere di essere reinseriti. a mio avviso rimanersene a casa quando si vota deve essere a)inammissibile oppure b) ammissibile, ma a questo punto non decidi anche per me. se non vuoi votare ti rechi al seggio, prendi la scheda e ci fai un disegnino o la consegni bianca, ma troppo comodo restare a casa e troppo confinante col fregarsene
2) tre domande (pubblicizzate mesi prima del voto) a chi vota: 1) chi è il presidente della repubblica 2) chi è il presidente del consiglio e chi c'era prima 3) quante sono le nazioni dell'ue. domande facili, ma se uno non si informa (provate a fare queste domande fuori dal nostro ambiente di riferimento e vedrete che risultati tragici), cazzo vota? e lo dico anche per chi vota bene (per me: a sinistra). con che cognizione di causa fai la crocetta se non sai tre cose (pardon) in croce?