_ scritto il 26.06.2011 alle ore 20:49 _
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Non so se esista davvero, non ne conosco l'esatta denominazione e non credo neanche che l'aumento sia di natura esponenziale, ma una cosa è certa: tutti i guidatori, almeno una volta nella vita, si sono ritrovati nel bel bezzo dell'applicazione di questa inevitabile legge fisica. Lo scenario, che sono sicuro risulterà familiare a molti di voi, è il seguente: state tranquillamente viaggiando sull'autostrada - o comunque su una strada a scorrimento veloce - quando all'improvviso, quasi senza accorgervene, vi ritrovate imbottigliati in uno di quegli ingorghi che hanno come unica conseguenza un moto di netta e totale rassegnazione. Uno di quelli, per intenderci, che se lo vedeste da un elicottero vi fareste sonore sghignazzate al pensiero di quei poveracci che chissà quando riusciranno a riabbracciare i loro cari. Iniziano immediatamente i primi segni di squilibrio: borbottii sommessi, telefonate disperate a casa "Non puoi capire cosa c'è per strada, arriverò tra 4 ore se continua così!", ricerca volontaria degli sguardi di solidarietà degli altri automobilisti, frequenti e compulsivi cambi di corsia nella speranza di guadagnare quei 2-3 secondi che potrebbero davvero cambiarti la vita. Tutti i programmi per la restante parte della giornata si sciolgono come neve al sole e la mente inizia automaticamente a distribuire colpe a destra e a manca: "Ecco vedi, se non ci fossimo fermati in quell'ultimo negozio...", "Ma proprio oggi doveva sentirsi male il cane?!", "L'avevo detto io che c'era il rientro, ma tanto quando parlo sembra che sparo sempre boiate!". C'è anche chi arriva a pensare "Speriamo che sia un incidente, così dopo si scorrerà!", ma poi, sentendosi in colpa per il cinismo dimostrato, rettifica immediatamente: "Un incidente piccolo, si intende... un tamponamento... senza feriti".
Questo logorante strazio dura in genere tra i 15 e i 35 minuti. L'appropinquarsi del presunto "intoppo" è caratterizzato da sentimenti contrastanti: da un lato la gioia di uscire da quell'inferno di lamiere, dall'altro la lenta consapevolezza del reale motivo che ha causato il traffico delle ultime ore (in questi momenti drammatici il tempo si dilata e una mezzora scarsa sembra durare 3 ore). Il cervello fa un po' fatica ad elaborare i dati ricevuti dai bulbi oculari, ma nel momento in cui ci passate accanto tutto diventa limpido e cristallino: un tizio si è fermato a fare la pipì. "Ma come, tutto qui?". Già, tutto qui. Una pattuglia che ha fermato il poveraccio di turno che non si è accorto di avere uno stop fulminato. La famigliola in sosta di emergenza perché la bimba di 4 anni ha iniziato a vomitare sui sedili in pelle. Il gruppo di amici che per risparmiare 10 minuti sulla tabella di marcia si dà appuntamento sull'autostrada per partire in villeggiatura, e che in quel momento si stava scambiando i saluti e gli auguri di buon viaggio. La donnina di facili costumi che, in attesa della clientela, fa prendere aria alla mercanzia sedendosi a gambe spalancate sul ciglio della strada. O come è successo a me appena 2 ore fa: una specie di festa circense nel parcheggio di un outlet/centro commerciale con bambini vestiti da clown o sui trampoli che salutano gli automobilisti da dietro la rete metallica. L'incredulità è ingigantita dal cosiddetto "effetto semaforo". Prima del tizio che fa pipì: motore spento, partite a Burraco sui cofani delle macchine e grigliate miste. Dopo il tizio che fa pipì: asfalto a perdita d'occhio, ottocento metri di distanza dalla vettura precedente e intensità di traffico pari a quella delle strade di Roma a metà agosto.
E purtroppo è inutile imprecare verso chi si permette di creare un ingorgo di tali dimensioni solo perché colto dall'irrefrenabile desiderio di impicciarsi di quello che accade sulla corsia d'emergenza, perché la suddetta legge è spietata, insensibile e decisamente fuori da qualsiasi controllo. Se la strada è un po' trafficata già di per sé, basta veramente poco: il minimo rallentamento di una macchina causa il propagarsi di rallentamenti sempre più intensi alle macchine che la precedono, e in men che non si dica ci si ritrova a passo d'uomo con le mani tra i capelli.
La soluzione? Visto che i vetri oscurati vanno contro il Codice della Strada, direi che l'unica soluzione sicura è andare in treno. Ritardi permettendo.