doc La lenta ed inesorabile spoliazione dei diritti del cittadino
_ scritto il 19.11.2008 alle ore 13:00 _ 4181 letture
Oggi vi lascio con un articolo interessante apparso su MenteCritica. C'è sicuramente di che riflettere...


articolo di doxaliber su MenteCritica

Sono una persona assolutamente schiva e restia alla divulgazione di fatti personali, tuttavia in quest'occasione farò un'eccezione alla regola in quanto ciò che sto per raccontarvi è assolutamente funzionale al tema che intendo trattare in questo mio post.
Ero giovane, molto più giovane di adesso, ed era uno dei miei primi lavori. Come lavoro non era il massimo della vita, ma era il mio primo lavoro e per la prima volta avevo a disposizione soldi tutti miei senza dover chiedere "finanziamenti" ai genitori. Il lavoro inizialmente era un contratto di "Collaborazione Coordinata e Continuativa", quasi tutte le mattine dovevo fare centinaia di chilometri con la mia auto in cambio di un miserrimo rimborso spese ed in più venivo pagato con ritardi mostruosi (fino al record di 3 mensilità).

Ma ero giovane, idealista ed ottimista. Mi impegnavo moltissimo e svolgevo il mio compito con puntiglio e precisione, non solo perché quella era la mia indole ma anche perché ritenevo che la qualità del lavoro e l'impegno portassero risultati e crescita professionale. Dopo qualche anno, quando avevo quasi perso la speranza di ottenere un miglioramento economico e quando il mio idealismo ed ottimismo erano ormai ridotti ad un lumicino avvenne ciò in cui ormai non speravo più: la società per cui lavoravo mi propose un'assunzione. Era un contratto di formazione lavoro per 24 mesi, contratto di formazione che di formativo aveva poco giacché si trattava di una mansione che già svolgevo da 2-3 anni, ma io ero felice e toccavo il cielo con un dito e di certo non mi formalizzavo per queste "piccolezze".

La felicità però durò pochi mesi. Arrivò dicembre e la società per cui lavoravo (che aveva varie sedi sparse per l'Italia) fece sapere, tramite i responsabili degli uffici, che in quel mese l'Amministratore della società avrebbe fatto un giro per tutti gli uffici per ritirare le tredicesime mensilità dei dipendenti.

Avete letto bene: ritirare. L'amministratore avrebbe portato con sé gli assegni relativi alle tredicesime mensilità del personale, li avrebbe fatti retrofirmare ai dipendenti e poi li avrebbe portati via per depositarli su chissà quale conto corrente. Rimasi basito, anche perché scoprii che quello che a me sembrava un furto era, nell'azienda per cui lavoravo, una pratica consolidata da un po'.

La cosa non mi andava davvero giù, la semplice idea di piegarmi a qualcosa che mi appariva come una vera e propria estorsione, un atto di prepotenza, mi impediva di dormire la notte, così decisi di chiedere consiglio e di parlarne a parenti ed amici.

Con mia enorme sorpresa, fatte salve un paio di eccezioni, il coro fu unanime: "lascia perdere, firma, rinuncia alla tredicesima, accontentati che con la disoccupazione che c'è in giro devi pure ritenerti fortunato" e via a sciorinare esempi personali su chi stava peggio di me e su quanto io stessi facendo dell'inutile moralismo, inappropriato rispetto ai "tempi che corrono".

Io provavo a motivare le mie ragioni dicendo che la rinuncia passiva alla tutela dei propri diritti personali e la tendenza ad "accontentarsi" ed a piegare la testa contro i prepotenti era forse proprio la leva utilizzata dai tanti "negrieri moderni" per sfruttare impunemente il popolo. Affermavo che la lenta espropriazione dei diritti che ci aveva portato ad accettare passivamente anche i contratti Co.Co.Co. era in primis il frutto del nostro lassismo e della nostra passività. Dicevo che se qualcuno in passato non avesse tenuto la schiena dritta e non avesse lottato contro le ingiustizie oggi probabilmente vivremmo ancora nelle bidonville e lavoreremmo come schiavi anche 20 ore al giorno. Dicevo che rinunciare a certi diritti era come rendere inutile la lotta ed il sacrificio di tante persone che sognavano un mondo migliore. Affermavo con decisione che, a forza di piccole rinuncie, avremmo un giorno perso lentamente la nostra libertà ed i nostri diritti.

Mentre dicevo queste cose molti mi facevano il sorrisetto ed affermavano che ero proprio un "sognatore", altri invece mi davano addosso violentemente dicendo che con una mentalità come la mia non avrei trovato lavoro da nessuna parte e che ero un presuntuoso di merda.

Provai un profondo senso di delusione ed un grande disagio nei confronti degli altri, tanto che iniziai ad isolarmi da persone che ragionavano su frequenze completamente distanti dalle mie.

Mi rivolsi ad un sindacalista pensando che lui mi avrebbe capito e mi avrebbe aiutato. Anche lui mi fece il sorrisetto e poi mi chiese cosa ne pensassero gli altri colleghi. Io dissi che alcuni erano Co.Co.Co. e quindi la faccenda non li riguardava, l'altro dipendente che era assunto come me firmava da anni per dare indietro la tredicesima e mi aveva detto che se non firmavo mi avrebbero sicuramente licenziato. Spiegai al sindacalista che parlare con i colleghi degli altri uffici era impossibile, ci avevo provato con uno ma aveva glissato immediatamente l'argomento. A quel punto il sindacalista rifece di nuovo il sorrisetto, scosse le spalle e mi disse che era meglio se mi accontentavo e firmavo, altrimenti avrei dovuto fare causa all'azienda, spendere soldi per l'avvocato ed aspettare anni ed anni prima di ottenere una sentenza, senza essere certo che sarebbe stata a mio favore.

Tornai in ufficio, provai a discutere con i colleghi, anche quelli non assunti, dicendo loro che dovevamo essere uniti, compatti e dire tutti di no a quest'ingiustizia. Magari firmare la rinuncia alla tredicesima in cambio di una garanzia scritta sull'assunzione di chi non era assunto, oppure rinunciare a firmare e poi dividere le tredicesime dei due assunti in parti eque con tutti i dipendenti, anche quelli non assunti. Ma anche in questo caso ottenni solo sorrisetti ed alzate di spalle.

Rimasi basito e pensai che ero davvero solo e che qualcosa in questo mondo gira davvero per il verso sbagliato.

Poi arrivò l'amministratore della società in compagnia di un socio per ritirare l'assegno, si chiusero in una stanza e chiamarono i dipendenti uno ad uno. Entrò prima l'altro assunto, che uscì dalla stanza poco dopo. Entrai io e mi rifiutai di firmare, lo feci cortesemente e cercando di instaurare un dialogo per far valere le mie ragioni. Mi accusarono di sputare nel piatto in cui stavo mangiando, mi biasimarono in tutti i modi possibili, mi fecero capire che il mio gesto avrebbe avuto delle conseguenze gravissime, io ricordai che la loro non era beneficenza e che io venivo pagato perché svolgevo un lavoro e lo svolgevo anche piuttosto bene, alla fine viste le continue e velate minacce risposi: "conseguenze potrebbero esserci, ma per voi se andrete via senza consegnarmi quell'assegno, state compiendo un atto illegale".

Io non firmai ma loro l'assegno non me lo consegnarono. Da quel momento iniziò invece una pressante e continua azione di mobbing nei miei cofronti.

Non entrerò nel dettagli, posso però dirvi che la cosa peggiore non fu tanto l'operato dei dirigenti, quanto quello dei colleghi. Per loro ero diventato un nemico. Io che rompevo l'armonia dell'ufficio, io che pretendevo soldi in più quando ero già un privilegiato che prendeva uno stipendio migliore del loro, io che se avevo problemi potevo andarmi a trovare un altro lavoro, sempre se ci riuscivo. Sopportare era difficile, ma io continuavo a fare il mio lavoro, nonostante il clima ostile sia dentro che fuori dal lavoro.

Poi un giorno l'assegno che si erano portati via mi fu consegnato brevi manu, erano pochi soldi perché ero stato assunto da poco, tuttavia la consegna dell'assegno, la mia formale vittoria contro la società, invece di ingenerare un effetto a catena di ribellione peggiorò ulteriormente la situazione. Ora per i miei colleghi non solo ero quello che rompeva l'armonia dell'ufficio ma ero pure quello che aveva preso dei soldi in più alla faccia loro. Privilegiato due volte.

La mia esperienza in quell'azienda non durò a lungo, mi licenziai, anche se paradossalmente per motivi diversi (e peggiori) rispetto alla questione della tredicesima mensilità. La quasi totalità degli "amici" che mi consigliarono di accontentarmi e mi attaccarono ora non sono più miei amici, molti di loro hanno fatto "carriera" accontentandosi di "servire" le persone giuste ed io non riesco a frequentarli senza sentirmi a disagio e senza litigare; con alcuni di loro ad esempio ci ho litigato di recente ed anche in passato non hanno perso occasione di ricordarmi quanto io sia coglione invitandomi a confrontare la loro situazione economica e sociale con la mia, ricordandomi che a forza di fare il sognatore ed il "moralista" mi devo accontentare di "tirare a campare", ricordandomi di tutte le volte in cui avrei potuto "accontentarmi", scendere a patti e vivere meglio. L'azienda per cui lavoravo invece è prospera, è cresciuta ed a quanto ne so produce ottimi redditi per i suoi amministratori, anche se alcuni dei miei ex colleghi non lavorano più lì ed ora quando li incontro mi dicono che avevo ragione.

Quest'esperienza ed altre mi hanno insegnato, ormai tanto tempo fa, alcune cose fondamentali su questo paese:
- I poveri si scannano, i ricchi si spartiscono la torta;
- non contare sugli italiani, sono opportunisti, leccaculo e invidiosi. In più, anche se ciò va contro i loro interessi, si schierano sempre dalla parte del più forte;
- non contare sui sindacati, anche loro come gli italiani si schierano sempre dalla parte del più forte;
- se ormai viviamo nella merda è perché tutti mangiano e cacano senza neanche preoccuparsi di pulire lo schifo che producono;
- la legge ed il diritto sono opzionali, sempre e comunque, si invocano soltanto quando tutto è perduto e non si può fare altrimenti;

Io da tempo immemore non nutro fiducia in chi mi circonda, troppe volte ho visto gente che nella migliore delle ipotesi è lassista, nella peggiore è parte in causa dello sfacelo di cui si lamenta. Non vorrei eroi intorno a me, vorrei solo sentirmi cittadino di una nazione in cui esistono cittadini civilmente impegnati per il bene comune e non invece un pulviscolo di singoli bellamente intenti a pensare solo ed esclusivamente al proprio tornaconto personale.

Qualche tempo fa ho sentito alcuni politici ed alcuni giornalisti, ma anche molta gente comune, definire i piloti e le hostess una casta, dei privilegiati. Mi sono ricordato di quando i miei ex colleghi mi accusavano esattamente della stessa cosa; loro non guardavano l'ingiustizia che stavano subendo e le tasche di chi davvero si stava arricchendo alle loro spalle, ma guardavano invece i pochi spiccioli di differenza che mi distinguevano da loro in quanto "assunto". Qualche giorno fa ho letto le dichiarazioni di Colaninno: "ci auguriamo che piloti e steward ci ripensino e non seguano i loro sindacati ma, in caso contrario, non ci arrenderemo alla logica del ricatto e assumeremo il personale di volo con chiamata nominativa". Ho sentito un colpo al cuore perché quelle parole erano quasi le stesse che furono usate dai miei ex datori di lavoro: ci chiamarono singolarmente uno ad uno ed utilizzarono contro di me, ribaltando completamente la realtà dei fatti, la parola ricatto. Io ero il ricattatore e loro i benefattori, la storia si ripete, i metodi sono esattamente gli stessi, solo che ora la spoliazione dei diritti non è un fatto riservato ai Co.Co.Co. ed ai dipendenti di piccole aziende private, inizia invece a toccare coloro che una volta erano considerati intoccabili. In più l'azione intimidatoria non è più svolta soltanto da piccole imprese fuori dalla sfera d'interesse dei sindacati ma anche e soprattutto dai grandi gruppi industriali.

C'è un filo invisibile che collega la mia piccola storia che non interessa a nessuno e le grandi vicende di Alitalia e scuola, un frutto marcio in una cesta finisce per guastare anche i frutti sani. Vista la mia storia non posso che sentirmi vicino a coloro che oggi cercano di salvare il loro posto di lavoro, tuttavia la mia esperienza non può che portarmi a concludere che era necessario agire molto ma molto prima, quando c'erano ancora i mezzi e le possibilità per farlo. Invece abbiamo scelto di cedere, lentamente ed inesorabilmente, quote dei nostri diritti in cambio di poche briciole di pane; ora tutto ciò che abbiamo ceduto non ci sarà più restituito, non tanto facilmente almeno. Ci vorranno di nuovo tanti uomini con la schiena dritta e la voglia di rischiare molto, non solo per se stessi ma soprattutto per gli altri. Purtroppo di uomini così non ne vedo molti in giro.

Darsch
_ chiavi di lettura:democrazia, lavoro, politica

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_ Commento di albyok _ profilo homepage
_ scritto il 24.11.2008 alle ore 10:02
Anche se con un pò di ritardo, non posso esimermi dal commentare quanto sopra scritto. Ho 20 anni, sono giovane, ma ho pur sempre un'esperienza ventennale della vita... Mi è capitato spesso di imbattermi in situazioni (proporzionalmente) simili, dove si viene etichettati come moralisti perchè magari si lotta per 1€ o perchè magari si dice "No", quando 100 chinano il capo e dicono "Si".

Voi che tirate a "campà" mi fate schifo. Voi che vivete di paura mi fate schifo. Voi che "è sempre stato così" mi fate schifo. Voi che preferite essere una goccia nel mare, invece di un'onda, voi che baciate le mani, voi che non vi fermate mai a pensare se si lavora per vivere o si vive per lavorare, voi che diventate vecchi e che poi è troppo tardi, voi che sull'autobus guardate gli altri come se fossero alieni, voi che andate dove tira il vento, voi stronzi che votate senza cognizione di causa e che il voto conta quanto il mio, voi che pugnalereste alle spalle il vostro amico, voi dell'auto blu, voi che ci credete tutti stupidi, voi, si proprio voi, mi fate schifo.

Citando una canzone, un giorno gli schiavi si conteranno e vinceranno.

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