Quello che segue è tratto da diari e appunti degli altri partecipanti alla sessione gdr.
Dal Diario di Eliot Mapplethorpe
La pentola guardata non bolle mai (detto siciliano)Ero rannicchiato davanti al fuoco del camino con lo sguardo fisso sul pentolino d'acqua.
E bolli, mi dicevo, dai su, cazzo.
Poco prima, dopo aver prestato un veloce soccorso all'archeologo che era stato recuperato sotto le scale in stato di trance, con un inspiegabile e vistoso taglio di lama sul fianco, avevo deciso di raccogliere un po' d'acqua piovana da sterilizzare e usare per pulire la sua ferita.
La sensazione di cui ero al momento vittima era l'angoscia.
Non tanto per la pioggia scrosciante che continuava a cadere dal cielo. Non di certo per l'avanzato stato di degrado di cui era vittima la casa in cui mi trovavo. Non era per le vistose macchie di sangue sparse quà e là un tanto al chilo sulle assi di legno e neppur per quei voli disarmonici e grezzi di stormi di numerosi colombi dagli occhi di brace.
Cercate di capirmi, non mi sentivo teso per quell'angosciante sbattere di ali che aveva spinto l'antiquario a rintanarsi tremante sotto il letto implorando aiuto, e non era neppure il ritrovamento nel camino di resti di un diario che narravano di così indicibili sofferenze da indurre a bramar la morte, di neri, di assassini e di così indicibili sofferenze da indurre a bramar la morte.
L'ho già detto? Probabilmente la cosa mi ha colpito.
No. Non ero inquieto nemmeno per quel taciturno soldato che, smontato, asciugato e rimontato il fucile, passeggiava per casa con passo monotono e quasi ansioso di sparare al primo figlio di puttana che gli si fosse parato davanti. Magari era un fottuto razzista e li preferiva pure neri.
Bene, sebbene ognuno di questi singoli eventi possa sembrare sufficiente a portare angoscia nell'animo, io mi sentivo angosciato perchè ero inchiodato lì, da solo, abbandonato in quella stanza abbandonata dal tempo, senza poter uscire finchè quella maledetta acqua non avesse iniziato a bollire.
Il resto degli sventurati era rimasto infatti sotto le scale che conducevano al piano superiore e sebbene una fitta cappa di silenzio era calata intorno a me, foderandomi le orecchie, io già immaginavo la scena in cui questi altri quattro disgraziati si sarebbero trovati davanti un assassino, un tipo brutto sporco e cattivo, per il soldato meglio ancora se nero.
Allontanai queste inverosimili e assurde visioni dalla mente, immagini dettate solo dallo sconforto e non mi feci sopraffare dallo scoramento (salvo un paio di volte in cui forse ho disturbato eccessivamente il vicinato).
Dalla mia parte, come sempre, avevo il fiuto.
Quel fiuto che nella vita mi aveva permesso di essere sempre nel posto giusto al momento giusto rendendomi un fotografo di successo, quel fiuto che mi diceva che lo strano episodio di cui era stato appena vittima l'archeologo era solo l'inizio di qualcosa di terribile.
Di mostruoso.
Di alieno.
Di nero.
In quei lunghi minuti che aspettavo rannicchiato fissando il pentolino d'acqua, un po' come succede in quei brevi secondi al condannato al patibolo che vede scorrere la sua intera vita, io vedevo scorrere la mia giornata.
Nel tentativo di immortalare su alogenuro d'argento quel tale di nome Andrew Scriuu che mai nessuno prima era riuscito a fotografare e che,
nomem omen, sembrava praticasse atti sessuali magici stile 'sacrifico il corpo di una giovane vergine al Dio Supremo e vengo gratificato con l'evocazione di una pannocchia nel culo', avevo preso il treno direzione New Orleans dove si sarebbe tenuto un congresso al CoitusClub.
Gli eventi non erano andati proprio come volevo e così tra scioperi, strade bloccate e auto in panne eravamo giunti in quella casa.
In quella strana e misteriosa casa, aggiungerei, in cui c'era qualcosa nell'aria - qualcosa nell'aria - che mi dice che io morirò.*
Ma io fissavo il pentolino.
* e presto o tardi lo so che accadrà ma la cosa non mi turba, ho un solo desiderio.