_ scritto il 02.07.2014 alle ore 10:01 _
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Ricordo l'ingresso immerso nel verde, non sembrava proprio un "ufficio".
Ricordo che appena entravi venivi investito da quell'odore particolare, che solo chi lavora con le api tutto il giorno conosce.
Ricordo quella scala, spaventosa e immensa, che saliva vertiginosamente al piano di sopra.
E lì c'era la tua stanza, con l'oggetto che tanto mi affascinava e su cui passavi gran parte del tuo tempo: il microscopio. Ricordo che ogni tanto mi facevi dare un'occhiata, mi dicevi "La mamma deve contare questo tipo di macchioline e annotarle su queste tabelle, le vedi? Devono avere questa forma." e ti appoggiavi allo schienale sorridendo mentre riposavi le spalle.
Poi sei stata trasferita da un'altra parte e le api sono rimaste un lontano ricordo, sopite in una sorta di letargo dentro me, ma sempre vive.
Fino a quel maledetto periodo. Nove mesi in cui sei stata in un delicato limbo tra la vita e la non-vita. E proprio nel corso di quei nove mesi io ho iniziato il mio primo lavoro, nello stesso ufficio dove avevi lavorato tu, quello "con le api".
Ho ritrovato alcune persone che 20 anni prima mi prendevano per mano e mi facevano giocare mentre la mia mamma era impegnata: Livia, Goia, Fabio, Adele e Francesco. Persone che sono state importanti anche in frangenti extra-lavorativi.
Ho ritrovato la scala che portava al piano di sopra, una normale scala che da adulto mi è sembrata tutto tranne che immensa o spaventosa.
E ho ritrovato gli odori, gli oggetti e alcune sensazioni di quel periodo.
Poi sei morta e io mi sono trovato solo col tuo ricordo e con in mano quella sorta di piccolo testimone simbolico che mi avevi lasciato accanto alla porta del tuo vecchio ufficio e che ho tenuto per 6 lunghi, complessi anni prima di cambiare lavoro.
Da quel momento per me sei diventata
come un'ape: operosa, organizzata e instancabile, ma al tempo stesso estremamente fragile. E questa fragilità e il conseguente vuoto intorno ad essa sono diventati, insieme a tutto il resto, i segni che hai lasciato in profondità dentro di me e che da qualche tempo sentivo il bisogno di rendere visibili anche all'esterno. Da te dipendevano molti equilibri interiori che ora sono irrimediabilmente compromessi, ma ormai ho imparato a conviverci e - almeno questo - adesso so dove (ri)trovarti.
L'idea di un "qualcosa" che mi ricordasse lei da portare sempre con me ce l'ho ormai da non so più quanti anni (tredici?). All'inizio pensavo al suo orologio preferito, ma era - chiaramente - troppo femminile per il mio povero braccio villoso. Quell'idea è rimasta a sedimentare per qualche tempo (durante il quale ho maldestramente sopperito con la classica e inflazionata foto nel portafoglio), fino a quando ho iniziato a guardare i tatuaggi con un occhio diverso rispetto al solito (il che, contrariamente a quanto è portato a credere chi mi conosce, risale a parecchi anni fa). Da quel momento il progetto del "tatuaggio dedicato a mia madre" ha subito una quantità tale di mutazioni che quasi non le ricordo tutte: semplici e banali iniziali del suo nome; un pozzo buio e profondo con una scala, a simboleggiare il baratro dal quale sono lentamente risalito; lo stesso orologio di mia madre, tatuato intorno al polso; il quadrante di un orologio scheggiato e fermo, con ingranaggi scoperti, come a voler dire che da quel giorno qualcosa dentro di me si è fermato, rotto per sempre; addirittura un teschio in qualche sua forma; varie altre idee che francamente ricordo a malapena. Poi, finalmente, ho iniziato a sentire il ronzio e l'idea dell'ape ha cominciato a fare capolino nella mia testa (vi ricordo che ho lavorato nel vecchio ufficio di mia madre fino al 2007). La prima versione era semplicemente un'accozzaglia delle idee che avevo avuto fino a quel momento: il quadrante dell'orologio di mia madre rotto con un'ape poggiata sopra. Nel frattempo avevo fatto il tatuaggio bio-meccanico sulla spalla destra ed avevo maturato una convinzione di fondo: invece che diventare un taccuino pieno di diversi stili, preferivo continuare a mantenere quello stile di fondo con delle integrazioni o modifiche in base al significato. Il risultato sarebbe stato una serie di disegni omogenei a livello stilistico, ma comunque con caratteristiche uniche e peculiari. Così ho deciso di proseguire sulla scapola il disegno sulla spalla e integrare all'interno un'ape. Avevo pensato di farla poggiare in un punto in cui le linee del tatuaggio avrebbero assunto una forma a nido d'ape, ma il tatuatore mi ha consigliato semplicemente di disegnarla in stile realistico come se fosse fisicamente appoggiata sulle strutture bio-meccaniche disegnate. Sono rimasto convinto di questa soluzione fino a una ventina di giorni prima di completare il tatuaggio, quando mi sono reso conto che così facendo l'ape sarebbe stata dietro la schiena e non avrei potuto vederla se non davanti ad uno specchio. Così, quasi all'ultimo momento, ho deciso di toglierla da lì e farla sul polso, in versione più piccola e delicata rispetto alle intenzioni originali, in modo da averla sempre a portata "di mano". La volevo piccola, ma sotto una certa dimensione non si poteva scendere, perché non si sarebbero potuti integrare dettagli a sufficienza per renderla realistica e definita come desideravo. E alla fine, piuttosto che avere una versione stilizzata o tribale o solo con linee di contorno, ho preferito optare per una dimensione leggermente più grande rispetto alla mia idea originale (ma sempre contenuta, sono 3 cm e mezzo escludendo le antenne) in modo da mantenere uno stile più realistico. Il risultato è proprio in cima a questo post.