Nel corso della mia vita sono stata vessata e derisa, inseguita e malmenata. Ho visto decapitare mio padre da un branco di orchi selvaggi e ho trascorso giorni interi imprigionata sopra un carro e immersa nel suo sangue. Ho vissuto anni nella miseria, costretta a compiere indescrivibili atti per riuscire a sopravvivere. Ho subìto ogni sorta di angheria da chi si sentiva in una posizione sufficientemente elevata da non preoccuparsi minimamente delle conseguenze. Ho visto mia sorella essere rapita per le manie di grandezza di un principe e da quelle stesse manie mi sono difesa fino a porre fine a quella inutile vita. Avrei potuto fregarmene e procedere per la mia strada, ma invece ho deciso, insieme a miei compagni, di trovare le prove della mia innocenza e al momento giusto mi sono costituita spontaneamente davanti al Re. E ora mi ritrovo di nuovo incatenata come una bestia, sopra l'ennesimo carro sul quale amici e conoscenti a Leucothea, tra qualche giorno, mi vedranno sfilare per affrontare il processo.
Per qualche motivo sembra che tutti si sentano in diritto di aprire quella fragile scatoletta di legno malandato che è la mia esistenza e disporne come meglio credono, senza prestare la minima attenzione a quell'esserino rannicchiato nel fondo.
Be', adesso basta, ne ho piene le palle. Se Barbaguerra crede di trascinarmi a Leucothea in queste condizioni perché ho osato difendermi dalla scellerata pazzia di suo figlio, si sbaglia di grosso.
Quello che segue è tratto da diari e appunti degli altri partecipanti alla sessione gdr.
Dalle memorie di Hildar
I concetti di onore, lealtà, codice etico, nelle ultime 24 ore mi sono stati sottoposti trasformati da interpretazioni tali da mettere in seria discussione la mia incrollabile fermezza.
Non appena l'esito della battaglia è stato chiaro, mi sono prodigato per riorganizzare le difese e allestire una sala per il controllo delle operazioni. Tuttavia Belsheba ci informa che nelle sue "perlustrazioni" del palazzo ha rinvenuto diversi riferimenti nanici, insistendo particolarmente perché cercassimo la stanza del mago di corte - già nostro prigioniero - alla ricerca di spiegazioni.
Il mago è costretto a condurci nei suoi appartamenti, spiegandoci che i simboli nanici sono presenti nel castello in quanto proprio da qui l'esercito di Re Orran Barbaguerra (udite udite) è partito non più di una settimana fa insieme alle truppe di Lord Angaro per assediare Gravul, una vicina città. A detta del mago, i nani si uniscono normalmente al più debole in qualsiasi scontro per il piacere di combattere, non per altro tipo di interessi.
Lo stupore è grande quando, nella sua stanza rinveniamo una lettera, non sigillata né indirizzata, in cui leggiamo testualmente:
"Ammazza quei cinque e avrai la tua ricompensa. Usa il medaglione che ti ho dato in congiunzione con l'incantesimo che hai trascritto. Grazie ad essi prenderai il controllo della ragazzina hobbit. Usala per sgozzare gli altri. Sii certo di ucciderla una volta che avrà finito il lavoro. G.B.".
La firma GB in calce non lascia adito a dubbi.
Il mago dice di non saperne nulla. Non ci fidiamo ovviamente, ma dobbiamo approfondire. Né i medaglioni del mago né gli incantesimi del suo libro sono indizi collegabili al testo della lettera, per cui i dubbi rimangono.
Riprendiamo le operazioni di riorganizzazione, mi prodigo per redimere e riportare tra i ribelli le guardie di Lord Angaro imprigionate. Le mie offerte di indulgenza trovano presto orecchie, e una trentina di loro sembrano davvero pentiti e pronti alla redenzione.
In città è alto il rischio di vendette da parte dei ribelli (ne è testimone Uzzar) e le poche guardie rimaste libere, in netta minoranza, sono disposte a tutto pur di fuggire dalla città. E' il caso di quei venti disgraziati asserragliatisi in un orfanotrofio con centinaia di bambini in ostaggio. Alla notizia ci siamo precipitati. Tra la paura e l'incompetenza degli uomini ho pensato che avrebbe potuto fare irruzione anche uno solo di noi e averla vinta su venti. Ma c'erano i bambini, e nemmeno uno di loro era da considerarsi sacrificabile.
Con fermezza, autorità e grandi doti diplomatiche abbiamo ottenuto la liberazione di tutti gli ostaggi tranne dieci, che i mezz'orchi avrebbero tenuto con loro fino a quando sarebbero giunti fuori città, sotto la nostra scorta. Tutto si è svolto rigorosamente come concordato, e anche gli ultimi dieci bambini sono potuti tornare incolumi.
Al rientro abbiamo appreso da alcuni scout che l'assedio di Gravul si era concluso in una mezza disfatta, e le truppe erano di ritorno. In serata sarebbero arrivati a Dorkamorka i reduci (800 nani su 1000 partiti, 700 mezz'orchi su 2000 partiti).
Appena li scorgiamo all'orizzonte selliamo sei cavalli (anche Belsheba ci accompagna, anche se rimane a distanza) e con gli stemmi di Dorkamorka con bandiera bianca annessa ci dirigiamo verso di loro.
Ora, la situazione è che cinque stranieri totalmente disinteressati delle vicende di Dorkamorka fino a tre giorni fa si stanno facendo sotto a quasi un migliaio di nani al seguito di un re il cui unico interesse è la guerra. Questi cinque stranieri hanno ucciso il primogenito di questo re.
Lui sa chi sono loro, loro sanno chi lui sa.
Potremmo parlare ore di chi è più coraggioso, di chi è più onorevole, di chi dovrebbe interrogarsi del motivo per cui i cinque fronteggiano così spavaldi il re nano...
Fatte le dovute premesse, che serviranno a capire (o meglio, a NON capire) i comportamenti che seguiranno, torniamo ai fatti.
Quello che dovrebbe essere il capo dell'esercito di Dorkamorka, un mezz'orco di nome Azog, si avvicina, e viene informato da Sturm che Lord Angaro è morto e che la città è stata liberata sotto il nostro comando. Come era lecito aspettarsi, il comandante dichiara la resa delle sue truppe.
Tutto precipita quando arriva al nostro cospetto Re Galar. Ci riconosce subito quali assassini del figlio, ma anziché trucidarci sul posto accetta il dialogo, e la nostra proposta di affrontare un regolare processo a Leucothea. Non siamo scappati, siamo venuti dinnanzi a lui e probabilmente ha passato troppo poco tempo ad interrogarsi sul perché.
Otteniamo di portare con noi Elara e Roywan, che potranno così testimoniare al processo.
Chiediamo dei servi di Orran Barbaguerra, ma sembrerebbe che non siano tornati indietro. Otteniamo la promessa che se torneranno in tempo, saranno mandati a Leucothea per testimoniare, anche loro.
Otteniamo anche che Odrin, il secondogenito di Galar (l'usurpatore del sogno), rimasto in patria, venga al processo per riconoscerci e spiegare in qualche modo la follia di suo fratello Orran (oltre a fornire a noi le risposte di una vita).
Otteniamo anche che la sorella di Gudrud, l'unica persona in grado di aprire la scatola, a quanto pare, sia della partita a Leucothea.
Prima di unirci alla marcia verso Leucothea, chiedo a uno dei nostri scudieri di far ritorno a Dorkamorka e organizzare una delegazione che venga a Leucothea per testimoniare sul nostro onorevole operato.
Saremmo pronti per partire, ma la situazione si fa drammatica.
Il Barbaguerra esige che viaggiamo incatenati e imprigionati in un carro, spogliati delle nostre armi. Non faccio in tempo a pensare di organizzare una ritirata per salvare la dignità e l'onore che Sturm si consegna. Mi crolla il mondo addosso, ma non lascerei mai il paladino solo al suo destino. Ho ancora qualche asso nella manica. Uno si chiama Roywyn, che tenta di scappare ma viene subito ripresa.
Un altro si chiama Belsheba, ammesso che sia interessata a collaborare.
Un altro ancora è la lettera in possesso di Sturm, che potrebbe far cambiare idea su di noi, per l'ennesima volta, a Galar. Arriverà il momento opportuno per mostrargliela e chiedere spiegazioni anche per quello.
Ad ogni modo, ho con me il mio simbolo sacro, i miei incantesimi, la mia fede e miei amici. E ciò è più che sufficiente per garantire a tutti la possibilità di fuga in qualsiasi momento.